I MILLE PERCHÉ - LA PREVENZIONE - FUMO E CANCRO

PERCHÉ IL FUMO È UN FATTORE DI RISCHIO PER L'INSORGENZA DEL CANCRO?

È ormai stato provato da più parti che il fumo predispone al cancro: infatti, nonostante il tumore ai polmoni non sia appannaggio esclusivo dei fumatori, tali soggetti costituiscono senza alcun dubbio la maggior categoria a rischio. Ogni forma di cancro è causata dallo scatenarsi di processi non controllabili in un gruppo di cellule che si riproducono in continuazione, comportandosi da parassite nei confronti delle cellule sane.
Il fumo contribuisce a far scattare questo meccanismo che degenera fino a quando le cellule cancerose in sovrannumero formano un tumore nei bronchi o, più profondamente, nei polmoni.
I sintomi più comuni in caso di cancro ai polmoni sono la presenza di sangue nel catarro che viene espettorato, attacchi di polmonite e generale indebolimento (con perdita di peso e letargia).
L'unica terapia che finora ha dato risultati positivi è la rimozione chirurgica del tumore, ma anche quella radiologica e quella farmacologica hanno talvolta dato risultati apprezzabili.
Importante è comunque non scordare che anche il fumo passivo può uccidere e che individui soggetti a condizioni di vita in ambienti particolarmente fumosi, per quanto non fumatori essi stessi, vedono di gran lunga aumentare le possibilità di contrarre il cancro ai polmoni. Il rischio si moltiplica nel caso in cui si tratti di bambini.
L'abitudine al fumo si è infatti purtroppo recentemente estesa anche agli adolescenti che trovano nella sigaretta un supporto psicologico che conferisce loro sicurezza e che viene in genere interpretata come simbolo di virilità. È stato calcolato che la percentuale di fumatori tra i 14 e i 29 anni è di circa il 22%, solo di poco inferiore a quella dei fumatori tra i 30 e i 39 anni (26%). Se si considera che il rischio di sviluppare un tumore polmonare è tanto maggiore quanto più precoce è l'approccio al fumo, risulta con estrema evidenza quanto importante sia la necessità di effettuare un'adeguata campagna di prevenzione che distolga i giovani da tale consuetudine. Da non trascurare è inoltre il fatto che negli ultimi decenni è aumentata anche la percentuale di donne fumatrici, probabilmente in relazione al cambiamento di ruolo che la figura femminile ha registrato nella società moderna. Il fumo durante la gravidanza può provocare conseguenze di enorme gravità, quali malformazioni nel feto o rivoluzionamenti nel suo patrimonio genetico.
Gli effetti nocivi del fumo di tabacco, illustrati in ogni dettaglio da più di 40.000 pubblicazioni basate su ricerche condotte in quasi tutti i paesi del mondo, sono ben conosciuti dalle autorità sanitarie, tanto che l'Organizzazione Mondiale della Sanità considera il fumo come un problema sanitario di enorme importanza sociale e sta compiendo attualmente un grande sforzo economico per limitarne i danni, in particolare nei riguardi dei giovani.
Se infatti è certamente assai difficile persuadere un inveterato accanito fumatore dei gravi pericoli a cui andrà incontro a distanza di anni, risulta più agevole, attraverso una incisiva educazione sanitaria, smorzare le motivazioni affettive e psicologiche del giovane verso la sigaretta, vista come simbolo sociale di virilità, di coraggio e di successo.
A questo scopo risulta determinante il ruolo dell'educatore, sia esso genitore o insegnante, non solo nel dare l'esempio di non fumare, ma anche nell'illustrare ai ragazzi quali e quante possono essere le conseguenze di un'abitudine così rischiosa per la loro salute.
In questo capitolo esamineremo brevemente la correlazione esistente tra il fumo di tabacco e uno dei tumori più frequenti, il tumore polmonare, per analizzare poi perché ed in che modo la sigaretta sia così dannosa per alcuni organi vitali del nostro organismo.
Infine verrà fatto un cenno alle motivazioni psicologiche che inducono i ragazzi a fumare le prime sigarette e al modo per tentare di proporre modelli alternativi di comportamento che li sviino da questo proposito.

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   ¦ PERCENTUALI DI ABITUDINE AL FUMO PER REGIONE ¦
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   ¦ Piemonte                             34,3 %  ¦
   ¦ Valle d'Aosta                        30,0 %  ¦
   ¦ Liguria                              33,9 %  ¦
   ¦ Lombardia                            35,2 %  ¦
   ¦ Trentino-Alto Adige                  32,1 %  ¦
   ¦ Veneto                               32,1 %  ¦
   ¦ Friuli-Venezia Giulia                31,7 %  ¦
   ¦ Emilia Romagna                       35,3 %  ¦
   ¦ Marche                               35,7 %  ¦
   ¦ Toscana                              35,0 %  ¦
   ¦ Umbria                               36,4 %  ¦
   ¦ Lazio                                36,6 %  ¦
   ¦ Abruzzo                              33,6 %  ¦
   ¦ Molise                               27,6 %  ¦
   ¦ Campania                             41,7 %  ¦
   ¦ Puglia                               33,2 %  ¦
   ¦ Basilicata                           33,0 %  ¦
   ¦ Calabria                             30,4 %  ¦
   ¦ Sicilia                              33,9 %  ¦
   ¦ Sardegna                             32,0    ¦
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INCIDENZA DEL TUMORE DEL POLMONE

Il tumore del polmone è una neoplasia in costante e progressivo aumento in tutti i Paesi.
In Italia c'è stata un'allarmante crescita della mortalità, che è passata negli ultimi decenni da 4,5 a 33 per 100.000 abitanti. Ciò significa che ogni anno circa 18.000 persone muoiono a causa di questa malattia.
Sino a pochi decenni fa questo tumore era quasi ed esclusivo appannaggio del sesso maschile, ma le più recenti statistiche indicano che l'incidenza è in forte aumento anche nelle donne. Questo dato dimostra, come vedremo in seguito, il ruolo fondamentale svolto dal fumo nella genesi della malattia.
La fascia di età maggiormente colpita è tra i 55 ed i 65 anni, ma non è raro riscontrare casi in soggetti più giovani.

I SINTOMI

Purtroppo non esiste una sintomatologia «tipica» del carcinoma polmonare nelle fasi iniziali e questo rende ragione del notevole ritardo con il quale spesso viene raggiunta la diagnosi.
I pochi sintomi che il medico può ritenere importanti, oltre ad essere riscontrabili in altre comuni malattie dell'albero bronchiale, variano a seconda della sede di insorgenza del tumore.
Uno dei sintomi più frequenti è costituito dalla tosse, prevalentemente secca, che non ha però nessun carattere particolare che consenta di differenziarla da quella presente in un bronchitico cronico o in un accanito fumatore, ad eccezione forse del fatto che essa è particolarmente resistente agli usuali trattamenti farmacologici a disposizione del medico. La comparsa di una tosse con i caratteri soprammenzionati dovrebbe quindi indurre ogni individuo, specie oltre i 50 anni, a rivolgersi al proprio medico per una attenta valutazione delle cause che l'hanno provocata.
Altri sintomi assai comuni nella pratica medica ma non costanti nella patologia tumorale polmonare sono la presenza di espettorato, specie se misto a sangue, il dolore toracico e la difficoltà del respiro (dispnea).
La comparsa improvvisa di uno o più sintomi tra quelli citati consiglia un immediato accertamento ma non deve assolutamente indurre a trarre pessimistiche interpretazioni dato che, come già detto, tale sintomatologia può essere molto più probabilmente espressione di affezioni del tutto benigne.
In conclusione data la mancanza di sintomi iniziali veramente significativi della presenza di un tumore polmonare, la prevenzione secondaria, intesa come diagnosi precoce, è difficilmente attuabile in questa malattia. Anche se sono in corso di studio metodi di diagnosi precoce su individui ad alto rischio, cioè forti fumatori oltre i 50 anni, basati sull'associazione tra una radiografia del torace e l'esame dell'espettorato eseguiti periodicamente, la possibilità di effettuare uno «screening» di massa estendendo tale metodica a tutta la popolazione, non è attualmente proponibile. Ciò è dovuto principalmente all'elevato costo e alla non sufficientemente provata attendibilità e sicurezza di tali esami per questo specifico scopo, fermo restando il loro valore insostituibile nelle indagini diagnostiche «mirate», condotte cioè su individui nei quali vi sia già un sospetto di malattia.

ESISTE UNA PREVENZIONE DEL TUMORE POLMONARE?

La domanda è quanto mai retorica perché se è vero che non conosciamo ancora le cause della maggior parte dei tumori dell'uomo, possiamo affermare con assoluta certezza che il fumo di sigaretta è un fattore strettamente correlato con il tumore del polmone.
Esistono infatti numerosi studi epidemiologici, i primi dei quali risalgono al secolo scorso, che ci dimostrano la netta differenza tra fumatori e non fumatori rispetto all'incidenza di questa malattia e quindi la chiara responsabilità dei fattori cancerogeni presenti nella sigaretta.
Il tabacco fu introdotto in Europa dagli spagnoli nel XVI secolo e sebbene si pensasse che le sue foglie avessero proprietà medicinali, molti medici sospettavano già allora della potenziale nocività del tabacco.
Essi avevano osservato l'insorgenza di disturbi a carico dello stomaco negli accaniti fumatori e cominciarono a considerare tale sostanza dannosa anche per il resto dell'organismo, senza poter precisare esattamente quali fossero gli altri organi interessati.
Si dovette attendere la metà del 1800 per avere la prima vera osservazione epidemiologica: un medico francese osservò come il cancro del labbro fosse molto più frequente nei fumatori di pipa o sigaro rispetto alla popolazione non fumatrice. Quest'ultima era in pratica del tutto esente da questa forma tumorale.
I primi dati riguardanti il rapporto fumo-cancro polmonare risalgono agli anni 30 grazie alle osservazioni dei medici inglesi, che cominciarono ad individuare nel fumo di sigaretta un elemento importante per la genesi tumorale polmonare, tanto che nel 1939, ad un congresso internazionale sul cancro, si affermò ufficialmente che l'aumento dell'incidenza dei tumori polmonari doveva senza dubbio essere in rapporto con la diffusione dell'abitudine al fumo nella popolazione.
Uno dei contributi più significativi venne però dato dai medici inglesi Doll e Hill, i quali nel 1950 pubblicarono i risultati di uno studio condotto su 41.000 medici inglesi, divisi in base ad un questionario da loro stessi compilato in fumatori e non fumatori. Dopo sei anni di osservazione si giunse alla conclusione che esisteva un netto incremento della mortalità per carcinoma polmonare nei fumatori e che coloro che fumavano sigarette erano più colpiti dalla malattia rispetto ai fumatori di pipa.
Inoltre fu chiaramente dimostrato come non ci fosse una differenza significativa tra gli abitanti della città e quelli della campagna e questo dato sminuiva l'ipotetico ruolo del fattore inquinamento atmosferico come elemento favorente il tumore in questione. Ciò fu confermato anche nel 1961 da Wynder, il quale osservò che a Venezia, città a basso inquinamento prodotto da automobili o industrie, l'incidenza della malattia non differiva per nulla da quella di altre città maggiormente soggette all'inquinamento atmosferico.
Negli Stati Uniti i dottori Horn e Hammond giunsero alle stesse conclusioni dei colleghi inglesi esaminando per più di due anni un numero incredibile di persone (187.000!). Questi ricercatori trovarono che la mortalità dei fumatori di sigaretta per tumore maligno del polmone era superiore di ben 10 volte a quella dei non fumatori.
Nel 1964 Doll e Hill dimostrarono anche che se un individuo smetteva di fumare il rischio di ammalarsi diminuiva notevolmente. Gli stessi autori stabilirono inoltre una relazione ben precisa tra il numero di sigarette fumate e l'incidenza del tumore del polmone.
Pertanto dopo il 1964 nessuno ebbe più dubbi sull'esistenza di un rapporto causale tra fumo di sigaretta e cancro del polmone e gli studi successivi si proposero non più di dimostrare questa correlazione, ma di definirne i dettagli con maggiore esattezza.
Purtroppo gli studi condotti negli ultimi anni hanno evidenziato un preoccupante aumento della diffusione del fumo in tutte le fasce sociali della popolazione.
In particolare le donne fumatrici risultano essere sempre più numerose, probabilmente in virtù dei mutamenti del loro ruolo nell'ambito della società moderna. L'abitudine al fumo, vista erroneamente come simbolo di libertà e di sicurezza, si è estesa anche ai giovanissimi, tanto che la metà circa dei ragazzi sotto i 20 anni è oggigiorno dedita a questa pratica assai poco salutare.
A questo proposito bisogna sottolineare che il rischio di sviluppare un tumore polmonare è tanto maggiore quanto più precocemente si è iniziato a fumare: coloro che hanno iniziato oltre i 25 anni presentano un rischio tre volte superiore rispetto ai non fumatori, mentre coloro che hanno fumato abitualmente prima dei 19 anni hanno un rischio ben cinque volte maggiore.
All'opposto è certo che se un individuo decide di smettere di fumare diminuisce le probabilità di ammalarsi proporzionalmente alla lunghezza del periodo dal momento in cui ha smesso, esattamente come era stato segnalato nei già citati studi di Doll e Hill. Si calcola che dopo circa 10 anni dall'astensione dal fumo il rischio cancerogeno torni a valori sovrapponibili a quelli dei non fumatori, anche se sempre leggermente più elevato. Ad ogni modo vale comunque la pena di provare a smettere perché già dopo il primo anno si osserva un decremento del rischio.
Infine segnaliamo i risultati degli studi che mettono in rapporto il numero delle sigarette fumate con l'incidenza del tumore polmonare: tale incidenza aumenta addirittura 24 volte per chi fuma più di 50 sigarette al giorno, mentre è 10 volte superiore se si fumano 20-25 sigarette al giorno.

COMPONENTI DEL FUMO DI SIGARETTA

Sebbene la costituzione chimica del fumo di tabacco sia molto complessa, dato che sono stati isolati da esso circa un migliaio di elementi sotto forma di piccolissime particelle liquide e solide in sospensione, soltanto quattro gruppi di sostanze hanno una importanza rilevante dal punto di vista biologico e tossicologico. Esse sono la nicotina, l'ossido di carbonio, sostanze irritanti e il catrame.
Cercheremo ora di comprendere in quale maniera le singole sostanze provocano un danno nel nostro organismo.

1) NICOTINA
La nicotina è certamente il più pericoloso tra i componenti presenti nel fumo di sigaretta in quanto responsabile della tossicomania da tabacco e di notevoli danni al sistema cardiocircolatorio dovuti all'intossicazione cronica.
Essa provoca infatti un restringimento dei vasi sanguigni periferici con conseguente aumento della pressione arteriosa, aumento dei battiti cardiaci con alterazioni del normale ritmo del cuore (extrasistoli) e quindi affaticamento del muscolo cardiaco. La nicotina provoca inoltre restringimenti a livello delle arterie che riforniscono di sangue il cuore (arterie coronarie) con comparsa di quella sintomatologia che va sotto il nome di «angina pectoris».
Questo vero e proprio killer del sistema circolatorio ha anche la proprietà di far aumentare gli acidi grassi liberi ed il colesterolo nel sangue e di favorire la formazione di trombi all'interno dei vasi sanguigni.
Da quanto detto non deve pertanto sorprendere la stretta correlazione esistente tra fumo ed incidenza di infarto cardiaco.
La nicotina si comporta anche da irritante dell'albero bronchiale favorendo la comparsa di tosse, raucedine e malattie infiammatorie croniche dell'apparato respiratorio come tracheiti, laringiti e bronchiti croniche. Infine alterando la secrezione di acido cloridrico nello stomaco può favorire l'insorgenza dell'ulcera gastrica e della gastrite.

2) OSSIDO DI CARBONIO
L'ossido di carbonio è un veleno presente in notevole quantità nel fumo, costituendone circa il 5% della fase gassosa. La sua quantità aumenta verso la fine della sigaretta.
Esso riduce la fissazione dell'ossigeno sulla emoglobina, una proteina contenuta nei globuli rossi del sangue: in tal modo un grande numero di globuli rossi, valutati intorno al 5% in un individuo che fuma 20 sigarette al giorno, sono inutilizzabili per il normale scambio anidride carbonica-ossigeno. La riduzione della disponibilità di ossigeno danneggia tutti gli organi ma è particolarmente pericolosa a livello cardiaco, dove esistono precarie condizioni di apporto sanguigno a causa dei già citati effetti della nicotina.
Gravi conseguenze si possono verificare anche negli sportivi e nei soggetti molto giovani, bisognosi entrambi di condizioni ottimali di ossigenazione.

3) SOSTANZE IRRITANTI
Sono rappresentate da azoto, aldeidi e fenoli, sostanze responsabili della lacrimazione e dell'arrossamento della congiuntiva, nonché della tosse e del catarro.
La loro azione lesiva più importante è però costituita dalla inibizione del movimento delle ciglia vibratili delle cellule epiteliali dei bronchi: queste ciglia con il loro movimento verso l'esterno allontanano particelle e corpi estranei dai bronchi costituendo pertanto una prima importante difesa dell'apparato respiratorio. La loro malfunzione favorisce dunque il ristagno di particelle irritanti respirate con l'aria ed il successivo impianto di batteri e virus nella mucosa bronchiale. Questo spiega la maggiore vulnerabilità del fumatore nei confronti delle infezioni dell'apparato respiratorio.

4) CATRAME E DERIVATI
Sono le sostanze implicate nel rapporto fumo-tumore del polmone, essendo costituite da idrocarburi policiclici aventi la capacità di trasformare le cellule bronchiali normali in cellule cancerose. Ogni condizione irritativa (tosse, catarro) o infiammatoria cronica (bronchite cronica) favorisce l'azione cancerogena del catrame e dei suoi derivati.

EFFETTI DANNOSI DEL FUMO SUI PRINCIPALI ORGANI ED APPARATI DELL'ORGANISMO

Dall'analisi dei danni provocati dai singoli principali composti contenuti nel fumo di tabacco è già emersa chiaramente l'estrema vulnerabilità di alcuni organi, in particolare cuore e polmoni, nei riguardi dei quattro gruppi di sostanze che abbiamo citato. Poiché l'individuo che fuma una sigaretta è ovviamente costretto ad assumere tutte le sostanze dannose in essa contenute, è opportuno renderci conto di quali e quanti possano essere gli effetti negativi del tabagismo sui principali organi ed apparati del nostro organismo, riprendendo concetti e nozioni già menzionati precedentemente.
Le sostanze contenute nel fumo vengono in massima parte inalate, giungendo a contatto con le vie respiratorie, in parte deglutite con la saliva e quindi destinate a raggiungere lo stomaco. Dallo stomaco e dal polmone passano nel circolo sanguigno dal quale vengono distribuite in tutti gli organi. L'eliminazione avviene tramite il rene, la vescica ed anche per mezzo della pelle.
Vediamo dunque quali danni vengono provocati durante il passaggio attraverso queste tappe obbligate dell'organismo.

APPARATO RESPIRATORIO
Le dimostrazioni sulla strettissima correlazione esistente tra cancro del polmone e consumo di sigarette sono state discusse in precedenza; ci limiteremo pertanto ad accennare in termini semplici quale possa essere il meccanismo fisiopatologico responsabile dell'insorgenza del tumore polmonare.
I bronchi sono rivestiti da particolari tipi di cellule che possiamo considerare come gli spazzacamini delle vie respiratorie: esse sono infatti munite di ciglia che hanno la funzione di eliminare le polveri e le impurità che vengono a contatto con le pareti dei bronchi ogni volta che respiriamo.
La paralisi di queste ciglia e la loro successiva distruzione, provocata dall'azione delle sostanze irritanti contenute nel fumo, favorisce il ristagno di germi e la conseguente infezione. I fumatori sono infatti colpiti frequentemente da bronchite cronica ed enfisema polmonare e la mortalità per queste malattie è circa 10 volte superiore a quella dei non fumatori.
L'infiammazione cronica della mucosa bronchiale indotta dalle sostanze irritanti favorisce a sua volta l'azione cancerogena dovuta, come abbiamo visto in precedenza, agli idrocarburi policiclici cancerogeni (catrame e derivati) presenti nel fumo.
Uno stato infiammatorio cronico comporta infatti la presenza di molte cellule in moltiplicazione, le quali possono più facilmente subire un processo di «mutazione» e dare così origine ad un tumore.
Le sostanze contenute nel fumo di tabacco dunque non solo sono pericolose per i danni che causano singolarmente, ma anche perché sono capaci di potenziare l'effetto nocivo degli altri composti del fumo stesso.

APPARATO CARDIOVASCOLARE
Una conferma dell'effetto sinergico dei composti presenti nelle sigarette ci viene dall'analisi dei danni al sistema cardiovascolare che, assieme al sistema respiratorio, risulta essere uno dei bersagli preferiti e maggiormente danneggiati dal fumo.
Infatti se da un lato l'aumento del battito cardiaco e della pressione arteriosa, accompagnati da una diminuzione del rifornimento sanguigno ai vasi periferici, sono effetti dovuti soprattutto alla nicotina e causano un progressivo aumento del lavoro del cuore con conseguente maggior richiesta di ossigeno, dall'altro lato la notevole dose di ossido di carbonio immessa nell'organismo riduce fortemente la disponibilità di ossigeno nel sangue arterioso. Il cuore si trova in tal modo a dover compiere uno sforzo maggiore ma invece di ricevere più ossigeno è nutrito da sangue impoverito di questa sostanza vitale.
Si consideri inoltre che nel fumatore esiste una aumentata incidenza di accidenti coronarici spiegabile con l'aumento della capacità delle piastrine di aggregarsi e formare trombi nelle arterie coronarie, deputate al nutrimento del muscolo cardiaco, nonché con i restringimenti (spasmi) delle coronarie stesse dovuti all'azione della nicotina.
Dopo quanto detto non deve pertanto sorprendere il fatto che il fumo di sigaretta aumenti nettamente il rischio di infarto cardiaco, costituendo uno dei principali fattori di rischio di questa malattia.
In particolare studi recenti hanno dimostrato che se si inizia a fumare prima dei 20 anni si è esposti ad un rischio doppio di mortalità per infarto cardiaco rispetto ai non fumatori; inoltre tale rischio aumenta proporzionalmente al numero di sigarette fumate, analogamente a quanto visto per il tumore del polmone.

APPARATO DIGERENTE
Il fumo è un pessimo amico dell'apparato digerente perché altera la secrezione dei succhi pancreatici necessari per una buona digestione dei cibi ed esplica un effetto dannoso diretto sulla superficie dell'esofago e dello stomaco.
È noto che il fumo è stato riconosciuto uno dei cofattori (assieme all'alcool) responsabili dell'insorgenza del tumore esofageo, mentre a livello gastrico sarebbe causa di una insorgenza di ulcera doppia rispetto ai soggetti che non fumano.

FUMO E GRAVIDANZA
I pericoli che il prodotto del concepimento corre a causa degli effetti nocivi del fumo sono tanto gravi quanto poco conosciuti dalla maggior parte delle gestanti.
Il restringimento dei vasi sanguigni placentari con conseguente diminuzione dell'apporto di sangue al feto e la minore ossigenazione indotta dall'ossido di carbonio danneggiano tutti i tessuti e in particolare il cervello del nascituro, che è estremamente sensibile alla carenza di ossigeno. Se la madre è una fumatrice cronica e questa situazione di rischio si ripete troppo spesso i danni possono diventare irreparabili, dato che vengono compromessi i meccanismi fondamentali che hanno una importanza vitale per il feto.
Questo spiega perché su cinque gravidanze ad esito infausto, una si verifica in donne fumatrici e rende ragione della maggior incidenza di aborti spontanei, morte neonatale e parti prematuri nelle donne dedite al fumo.
Esiste inoltre una correlazione significativa tra numero di sigarette fumate durante la gravidanza e diminuzione del peso del neonato: su 100 madri che fumano più di 20 sigarette al giorno nascono 12 bambini con peso inferiore alla norma di circa 200 grammi.
Infine dobbiamo purtroppo segnalare un dato statistico molto preoccupante: la relazione tra fumo e aumentata incidenza di bambini con gravi ritardi mentali, difficoltà di parola, di movimento e problemi di socializzazione e comportamento con i coetanei.

EFFETTI DEL FUMO SUI NON FUMATORI

L'inalazione dei prodotti di combustione del tabacco da parte di non fumatori, chiamata anche «fumo passivo», è un fenomeno che va considerato attentamente perché nel fumo che si disperde nell'aria ambiente ritroviamo gli stessi composti che sono presenti nel fumo aspirato dal fumatore, anche se in minor concentrazione.
In ambienti chiusi, male areati e saturi di fumo tuttavia, le sostanze inalate passivamente dal non fumatore raggiungono nel sangue concentrazioni del tutto sovrapponibili a quelle presenti nei fumatori stessi.
L'inalazione cronica del fumo prodotta da altri non provoca quindi soltanto i pur fastidiosi sintomi quali irritazione agli occhi e alla mucosa nasale o tosse irritativa, ma predispone ad un aumentato rischio di contrarre infezioni alle prime vie aeree, oltre che bronchiti, polmoniti, attacchi d'asma e induce una diminuita efficienza respiratoria.
La riduzione dell'ossigenazione presente negli ambienti «fumosi» è particolarmente dannosa per i bambini, bisognosi per il loro accrescimento di una grande disponibilità di ossigeno, nonché per coloro che svolgono attività sportiva o lavori intellettuali.
Le esalazioni emanate dalla punta accesa della sigaretta tenuta in bocca o lasciata consumare nel portacenere liberano numerose sostanze cancerogene ben note, quali idrocarburi policiclici, nitrosamine, fenoli e Polonio-210, un elemento radioattivo. Anche se queste sostanze non costituiscono di per sé una minaccia rilevante di trasformazione neoplastica, esse possono certamente aumentare il rischio di una successiva oncogenesi, prevalentemente a livello polmonare: recenti ricerche condotte negli Stati Uniti hanno infatti dimostrato che in conseguenza dell'inalazione passiva del fumo si verificano ogni anno negli USA dai 500 ai 5000 casi di tumore polmonare.

QUANDO E PERCHÉ SI INIZIA A FUMARE

I fattori che portano un ragazzo ad incominciare a fumare possono essere riassunti in tre punti fondamentali:

1) Imitazione di un atteggiamento ritenuto tipico della persona adulta.
I bambini presentano una certa avversione al fumo determinata sia dal fastidio che esso procura, sia perché non considerano il piacere che se ne può ricavare.
L'ostilità contro la sigaretta, che caratterizza i primi dieci anni di vita, si trasforma nell'età pre-puberale (11-12 anni) in curiosità. Il preadolescente e soprattutto l'adolescente, adottano i comportamenti caratteristici dell'età adulta.
Il motivo principale che spinge i ragazzi a fumare è quindi il forte desiderio di diventare in qualche modo simili agli adulti.

2) Imitazione degli amici del gruppo di appartenenza.
Tra i 14 e i 15 anni il ragazzo, spinto dal desiderio di essere accettato e preso in considerazione dai compagni, inizia a fumare pur non sentendone il bisogno, perché non vuole essere reputato un debole o un bambino.
Così facendo egli comincia ad assumere l'abitudine alla sigaretta, la quale verso i 15 anni è destinata a trasformarsi in un bisogno permanente, determinato dal fatto che il giovane prende coscienza della soddisfazione legata al piacere orale procurato dalla sigaretta.

3) La «pressione sociale» verso il fumo.
Purtroppo anche l'ambiente sociale stimola il ragazzo ad iniziare a fumare, poiché propone una infinità di modelli.
Sia il cinema sia la televisione offrono suggerimenti che inducono a pensare al fumo e all'associazione sigaretta-sicurezza.
Infatti generalmente quando l'eroe di un film si trova in difficoltà si accende una sigaretta, ed analogo comportamento lo si riscontra tipicamente nel giovane uomo di successo che pubblicizza un brandy o un vestito.
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¦          FUMATORI DIVISI PER SESSO E CLASSE DI ETA'          ¦
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¦                           UOMINI                             ¦
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¦ CLASSI DI ETA'  ¦ NON FUMATORI ¦   FUMATORI   ¦ EX FUMATORI  ¦
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¦ Da 14 a 29 anni ¦    53,7 %    ¦    44,8 %    ¦     1,5 %    ¦
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¦ Da 30 a 39 anni ¦    30,2 %    ¦    64,9 %    ¦     5,0 %    ¦
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¦ Da 40 a 49 anni ¦    29,6 %    ¦    61,7 %    ¦     8,6 %    ¦
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¦ Da 50 a 59 anni ¦    24,6 %    ¦    61,7 %    ¦    13,6 %    ¦
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¦ Da 60 a 70 anni ¦    24,9 %    ¦    52,0 %    ¦    23,1 %    ¦
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¦ Oltre i 70 anni ¦    33,2%     ¦    38,6      ¦    28,1 %    ¦
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¦                            DONNE                             ¦
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¦ CLASSI DI ETA'  ¦ NON FUMATORI ¦   FUMATORI   ¦ EX FUMATORI  ¦
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¦ Da 14 a 29 anni ¦    76,4 %    ¦    22,6 %    ¦     1,0 %    ¦
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¦ Da 30 a 39 anni ¦    72,3 %    ¦    26,0 %    ¦     1,7 %    ¦
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¦ Da 40 a 49 anni ¦    80,9 %    ¦    17,7 %    ¦     1,5 %    ¦
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¦ Da 50 a 59 anni ¦    85,8 %    ¦    12,9 %    ¦     1,3 %    ¦
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¦ Da 60 a 70 anni ¦    91,1 %    ¦     7,1 %    ¦     1,8 %    ¦
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¦ Oltre i 70 anni ¦    95,5 %    ¦     2,7 %    ¦     1,8 %    ¦
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COME PREVENIRE UN VIZIO PERICOLOSO: L'AIUTO DELLA FAMIGLIA

L'ambiente familiare può aiutare in modo determinante ad evitare ai ragazzi di contrarre l'abitudine a fumare. Infatti se un padre e una madre non fumano non soltanto evitano di condizionare psicologicamente i loro figli, ma si pongono in antitesi all'influenza che purtroppo la società e i «mass-media» esercitano nel creare un atteggiamento favorevole al fumo.
I genitori, essendo modelli di comportamento, possono inibire la tentazione di provare a fumare attraverso il loro esempio, grazie al quale dovrebbero in modo persuasivo far comprendere ai loro figli che il tabacco non rappresenta affatto la «forza» dell'adulto, ma piuttosto la sua debolezza.